
Emergono nuovi particolari sulla vicenda del neonato deceduto l’8 gennaio scorso nell’ospedale romano. La nonna del piccolo: «L’ho visto solo una volta per pochi minuti. Rimproverai le infermiere perché ai miei tempi i bimbi li tenevano al nido»
«Il ministero ha immediatamente chiesto una relazione dettagliata alla Regione Lazio per chiarire la dinamica della triste vicenda e verificare il rispetto dei protocolli e delle procedure previste. Quanto accaduto all’ospedale Pertini ha fatto emergere problematiche che possono riguardare molte altre donne, e intendiamo affrontarle mettendo in atto tutte le misure necessarie a garantire piena sicurezza delle partorienti e dei bambini. Così come promuoviamo ogni intervento utile ad assicurare adeguate condizioni di lavoro alle ostetriche e al personale sanitario addetto ai reparti di ostetricia e ginecologia»: parole del ministro della Salute Orazio Schillaci, sul caso del neonato deceduto al Pertini, soffocato nel letto dal peso della madre, una 30enne che vive con il compagno e la famiglia alle porte della Capitale. Il responsabile della Salute invoca dunque «sicurezza per le partorienti e adeguate condizioni di lavoro per il personale», esprimendo alla mamma «vicinanza in un momento tanto difficile e doloroso».
Assicura «pieno appoggio e piena collaborazione nei confronti del ministro Schillaci» Eugenia Roccella, ministra della Famiglia, della Natalità e delle Pari opportunità. «Aiutare la natalità – sottolinea – significa anche non lasciare le donne sole. Per il governo questa è una priorità, faremo tutto ciò che è nelle nostre competenze per assicurare una rete di sostegno alle partorienti e ai bambini».
Una relazione arriverà quanto prima sul tavolo del ministro, intanto emergono crepe nella difesa dell’ospedale: «Non ricordo di aver mai firmato un modulo in ospedale per il rooming in» assicura la madre del piccolo M.. A confermarlo è l’avvocato della coppia, Alessandro Palombi, che sta raccogliendo elementi per sporgere una denuncia da aggiungere alle indagini avviate d’ufficio dalla polizia: il passo potrebbe essere fatto già lunedì prossimo. La procura indaga per omicidio colposo, per ora contro ignoti.
«Non ho chiesto aiuto più volte solo io alle infermiere, affinché visto quanto ero stanca, si prendessero cura del piccolo nella nursery, ma anche le mie tre compagne di stanza hanno fatto lo stesso per il bene dei loro bimbi. Ma la risposta è stata sempre la stessa: non è possibile. Una ha perfino subìto un rimbrotto da una operatrice solo perché mi aveva tenuto il bimbo mentre andavo in bagno», aggiunge sempre la giovane donna, ora chiusa in casa nel dolore più profondo. E la madre, nonna del bimbo che purtroppo non c’è più, aggiunge: «Io l’ho visto una volta sola per pochi minuti, ho rimproverato le infermiere perché quando ho partorito io, i bambini venivano tenuti sempre al nido e consegnati alle madri solo per poco tempo, proprio perché le puerpere sono distrutte dalla fatica dopo il travaglio».
L’indagine della procura, che fino a oggi non ha comunque sentito nessuno dei diretti interessati (i genitori, il personale infermieristico, altri testimoni nonché i dirigenti del reparto) ma ha solo acquisito, tramite gli agenti del commissariato Sant’Ippolito, le cartelle cliniche di madre e bambino insieme con i turni di servizio delle infermiere fra il 4 e l’8 gennaio, prosegue e potrebbe comprendere presto anche le audizioni delle tre mamme, intanto dimesse, che condividevano la camera nel reparto con la madre del piccolo deceduto. Una di loro avrebbe dato l’allarme raccontando alle infermiere, in piena notte, di non aver più visto il bimbo accanto alla sua mamma, perché, come poi si è scoperto, era finito sotto il suo corpo.
«La mia assistita – spiega ancora l’avvocato Palombi – ricorda la donna che le è stata più vicina, e anche un’altra mamma, che aveva già due bambine, mentre quella appena partorita era stata trasferita in un altro ospedale perché aveva avuto dei problemi. Anche noi attendiamo di conoscere i loro nominativi per poterle sentire nell’ambito delle indagini che faremo come parte lesa». Ma c’è da chiarire anche il particolare, a questo punto non secondario, se davvero la mamma del piccolo M. ha firmato il modulo di consenso per tenere il bimbo in camera, così come le altre compagne di stanza. «Lei non ricorda proprio di averlo fatto – sottolinea il suo legale -, e comunque quelli erano momenti concitati. Non è stato un parto tranquillo, è andato avanti per ore».
La nonna del piccolo deceduto conferma: «Mia figlia non mi ha detto di aver firmato quel foglio, io del resto non l’ho potuta accompagnare. È successo tutto di corsa, in piena notte (quella del 4 gennaio, poi il parto è avvenuto il giorno successivo, ndr) , ad accompagnarla sono stati il padre e il compagno». Ecco perché la polizia, avvertita dall’ospedale l’8 gennaio e intervenuta in ospedale nel pomeriggio, ha acquisito nella documentazione contenuta nell’informativa subito inviata in procura anche i moduli di consenso per ricostruire cosa sia successo in quelle ore concitate e poi anche successivamente. «La mamma – conclude l’avvocato Palombi – in questo momento ha soprattutto bisogno di ritrovare un po’ di serenità».
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Fonte: news.google.com