ROMA – Giungono ogni tanto spifferi di notizie buone, alle quali vien voglia di aggrapparsi come alla scialuppa di salvataggio. La notizia che rallegra è l’Alfa Romeo che ha deciso di rientrare negli Usa, mercato che abbandonò nel 1995 per i costi da sostenere per adeguarsi alle sue severe normative.
Sono dunque 27 anni che l’amore per il marchio milanese è tenuto alto solo dai collezionisti di auto storiche e dai loro raduni e partecipazioni a prestigiose manifestazioni dove non è raro che siano premiate come Best of Show e ci auguriamo che la Tonale, scelta per la gran rentrée nella sua versione ibrida plug-in, rinverdisca i fasti del Biscione come tutti ci aspettiamo.
D’altra parte la fama negli Stati Uniti della marca sportiva viene da lontano e non si può non citare la celebre battuta di Henry Ford:

“Quando vedo passare un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello”.
Il film che celebra il connubio fra America e Alfa Romeo è entrato da tempo nella leggenda. Si tratta de Il Laureato (The Graduate, 1966) di Mike Nichols, interpretato dai quasi debuttanti, Dustin Hoffmann e Katharine Ross e dalla perturbante Anne Bancroft e allietato dalle musiche di Dave Grusin e Paul Simon interpretate dal duo Simon & Garfunkel (alzi la mano chi non ha mai tentato di replicarla sulla sua chitarra!). In un ruolo di studentello pensionante c’è perfino Richard Dreyfuss, talmente ai primi passi da nemmeno essere accreditato nei titoli. Film che gli valse l’Oscar come miglior regista e lanciò nel firmamento Dustin Hoffmann e la bella Duetto rossa.

I prototipi della piccola Alfa
L’amore per le Alfa Romeo fu alimentato negli Usa dall’importatore Max Hoffmann, viennese d’origine ma naturalizzato americano, talmente importante da poter chiedere un modello fatto apposta per quel mercato, come aveva già fatto con altre case come Mercedes, Porsche, Bmw, Austin Healey. Fu così che nacque la Giulietta Spider, gioiello che mai avrebbe visto la luce senza la commessa dell’importatore.
I prototipi della piccola Alfa scoperta furono commissionati a diversi carrozzieri e alla fine la scelta si ridusse fra Bertone, che già aveva l’appalto della fortunatissima berlinetta Sprint, e Pininfarina. Fu quest’ultimo che alla fine convinse col modello che tutti conosciamo e l’entusiasmo fu tale da spingere l’Alfa a vederla anche in Europa dove conquistò tutti, italiani in testa.
Pininfarina aveva disegnato una vetturetta sportiva agile e scattante, in cui riecheggiava la linea sinuosa della Lancia Aurelia B24 in dimensioni però più raccolte. Andava a sfidare le sportive inglesi che spadroneggiavano nella categoria, auto deliziose come MG, Triumph, Sunbeam, Singer, tuttavia antiquate coi loro telai rigidi e motori robusti ma progettati prima della guerra. La Giulietta le surclassava tutte in prestazioni e in quanto a bellezza c’era poco da gareggiare con quel glamour italiano che sprizzava dolce vita da tutti

i pori.
L’avventurosa storia della Giulietta durò circa un decennio fino a quando, nel 1962, il testimone fu raccolto da un’auto completamente diversa: la Giulia. Tranne il propulsore, che era lo stesso bialbero in lega leggera, tutto il resto era cambiato: scocca, sospensioni, freni, cambio a 5 rapporti. Così indovinata da sbaragliare le concorrenti in velocità, ripresa, frenata, maneggevolezza e tenuta di strada.
Il giovanissimo Giugiaro, assunto da Bertone, ebbe l’incarico di disegnarne la versione coupé, una 2+2 raccolta e felina che debuttò nel 1963 e sarebbe giunta attraverso varie reincarnazioni fino al 1975. Per la spider si pensò inizialmente di cavarsela tagliando il padiglione e conservando la scocca e gli interni della GT di Giugiaro.
L’intuizione di Pininfarina
L’operazione, affidata alla gloriosa ma agonizzante carrozzeria Touring, non ebbe successo e la produzione si limitò a un migliaio circa di esemplari (oggi peraltro ricercatissimi).
Serviva qualcosa di nuovo che non sembrasse pigro riciclo di quel che c’era in casa ma una novità degna dell’impatto che le Giulia berlina e GT avevano suscitato. La commessa fu affidata a Pininfarina che si ispirò alle sportivissime Superflow già presentate come dream-car in vari Saloni dal 1956 fino al 1960. In quei prototipi era già presente la caratteristica linea cosiddetta “a osso di seppia” che sarà tipica della prima serie del nuovo spider Alfa anche se verrà abbandonato dal 1969 in poi per un modellato a coda tronca che l’accompagnerà per tutta la sua longeva carriera conclusasi nel 1994, dopo 28 anni di ininterrotto servizio.
Il debutto al Salone di Ginevra
Fu presentata il 10 marzo 1966 al 36° Salone di Ginevra e fu trionfo, oltre che per l’Alfa, anche per Giovanni Battista Pininfarina che ne aveva seguito la lavorazione tanto da mettersi a ritoccare di persona il mascherone come uno dei suoi operai. Sarebbe morto tre settimane dopo a Losanna, il 3 aprile, lasciando un vuoto immenso nel mondo dell’auto e del disegno industriale.
Il nome “Duetto” saltò fuori da un concorso a premi. Fu estratto il bresciano Guidobaldo Trionfi che poté ritirare la sua spider bianca alla sede del Portello dalle mani del presidente Giuseppe Luraghi il 17 giugno del 1966. Questo nome sarà quasi subito bandito perché il Tribunale di Milano darà ragione all’azienda dolciaria che ne ha l’esclusiva per una merendina. Abusivo o lecito che fosse, il nome Duetto le rimarrà comunque appiccicato fino alla fine della sua carriera.
II ruolo de Il Laureato di Nichols
Il successo mondiale de Il Laureato aiutò le vendite del Duetto diventando una sorta di status symbol. Come dice nel film la signora Braddok (Elizabeth Wilson) mamma di Benjamin (Dustin Hoffman): «His father bought him an Alfa Romeo. You know what is!?» (Suo padre gli ha comprato un’Alfa Romeo, hai capito di cosa si tratta?). Il laureato del titolo ha in premio uno degli oggetti più desiderabili dai ragazzi degli anni 70, ma non è felice, sembra quasi vergognarsene. Forse pensa di non meritarla. Forse le sue antenne percepiscono gli scricchiolii del mondo dei genitori, i valori e le ambizioni borghesi sul punto di venir inghiottiti dalla bufera del ’68, iniziata proprio nella California dov’è ambientato il film. Comunque, per Benjamin e i ragazzi di quella generazione l’Alfa Duetto rimarrà un oggetto del desiderio dichiarato, sogno che nemmeno la crisi energetica dei primi anni 70 riuscirà a dissolvere.
L’altro film di Elia Kazan
Il film quasi contemporaneo dove corre un’Alfa Duetto è Il Compromesso (The Arrangement, 1969) diretto da Elia Kazan, protagonisti Kirk Douglas, Faye Dunaway e Deborah Kerr. Ispirato all’omonimo romanzo del regista, un film che deluse le aspettative e contribuì all’eclisse di questo autore così controverso, pluripremiato e ammirato per le grandi qualità ma poco amato per via del suo comportamento durante il periodo maccartista. Aveva infatti testimoniato davanti alla commissione spifferando i nomi dei colleghi con simpatie comuniste e li aveva messi nei guai tanto che molti persero il lavoro.
Orson Welles, che aveva clamorosamente disprezzato la delazione, lo riteneva tuttavia grandissimo regista sia cinematografico che teatrale.
Ne Il Compromesso, Kirk Douglas guida una smagliante Duetto bianca e decide di risolvere la sua lacerante crisi esistenziale buttandosi sotto un camion. Kirk finisce all’ospedale, la Duetto allo sfascio. Gli alfisti avranno da rimproverargli anche questo.
Fonte: news.google.com