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Papa Francesco a Matera: «Oserei oggi chiedere per l’Italia più nascite, più figli»

di Gian Guido Vecchi

Francesco chiude il Congresso eucaristico della Chiesa Italiana: «Se alziamo muri contro i fratelli, ne resteremo imprigionati.
Le ingiustizie, le disparità, le risorse distribuite in modo iniquo, i soprusi dei potenti e l’indifferenza verso il grido dei poveri non possono lasciarci indifferenti
». Il cardinale Zuppi: «Ricostruire la comunità lacerata»

MATERA «Il nostro futuro eterno dipende da questa vita presente: se scaviamo adesso un abisso con i fratelli, ci scaviamo la fossa per il dopo; se alziamo adesso dei muri contro i fratelli, restiamo imprigionati nella solitudine e nella morte anche dopo». Francesco celebra la Messa a conclusione del 27° Congresso eucaristico nazionale, accanto a lui il cardinale e presidente della Cei Matteo Zuppi, nello stadio comunale di Matera ci sono dodicimila fedeli. Nella lettura del Vangelo si è appena letta la parabola di Lazzaro e del ricco, «da una parte un ricco vestito di porpora e di bisso, che sfoggia la sua opulenza e banchetta lautamente; dall’altra parte, un povero, coperto di piaghe, che giace sulla porta sperando che da quella mensa cada qualche mollica di cui sfamarsi». Francesco spiega: «È la religione dell’avere e dell’apparire, che spesso domina la scena di questo mondo, ma alla fine ci lascia a mani vuote. A questo ricco del Vangelo, infatti, non è rimasto neanche il nome. Non è più nessuno. Al contrario, il povero ha un nome, Lazzaro, che significa “Dio aiuta”». Il Papa è arrivato in Basilicata di buon’ora, già ieri aveva fatto avanti e indietro in giornata per chiudere ad Assisi la terza edizione di «Economy of Francesco». Già sabato aveva parlato dell’inverno demografico e alla fine della celebrazione e dell’Angelus, nel ringraziare il cardinale Zuppi e la Chiesa italiana, il Papa sillaba: «Io oserei oggi chiedere per l’Italia più nascite, più figli».

La sua voce è stanca, ma il tono è fermo mentre nell’omelia riprende i temi che aveva dispiegato sabato nella città del santo di cui ha scelto il nome: «Fratelli e sorelle, è doloroso vedere che questa parabola è ancora storia dei nostri giorni: le ingiustizie, le disparità, le risorse della terra distribuite in modo iniquo, i soprusi dei potenti nei confronti dei deboli, l’indifferenza verso il grido dei poveri, l’abisso che ogni giorno scaviamo generando emarginazione, non possono lasciarci indiffe
renti». Il Papa richiama all’essenziale, al Vangelo che Pier Paolo Pasolini ambientò in modo esemplare proprio tra i Sassi, nel paesaggio scabro della città. Così ricorda «la sfida permanente che l’Eucaristia offre alla nostra vita: adorare Dio e non sé stessi. Mettere Lui al centro e non la vanità del proprio io». È questa la «profezia di un mondo nuovo: la presenza di Gesù che ci chiede di impegnarci perché accada un’effettiva conversione: dall’indifferenza alla compassione, dallo spreco alla condivisione, dall’egoismo all’amore, dall’individualismo alla fraternità». Alla fine, Francesco alza lo sguardo e aggiunge: «Pensiamo oggi, sul serio, al ricco e a Lazzaro. Succede ogni giorno questo. Succede in noi e fra noi, nella comunità. E tante volte, anche, vergogniamoci». Prima di tornare a Roma, ha fatto visita alla mensa dei poveri con il vescovo di Matera, Giuseppe Caiazzo.

Anche il cardinale Zuppi, al termine della celebrazione, dice nel salutare il Papa: «La guerra brucia i campi di grano, toglie il pane e fa morire di fame, trasforma i fratelli in nemici. Quelli che hanno la tavola imbandita e mandano a fare la guerra i poveri», aggiunge, mentre il pontefice annuisce. Zuppi invita i fedeli a «tornare all’Eucaristia, al gusto del pane», e considera: «Il gusto del pane significa amabilità, empatia, passione di ricostruire la comunità lacerata, difesa della casa comune, gioia, voglia di relazione con tutti». Alle sofferenze del presente torna Francesco dopo aver recitato l’Angelus da Matera, finita la Messa: «Invochiamo l’intercessione materna di Maria per i bisogni più urgenti del mondo. Penso, in particolare, al Myanmar. Da più di due anni quel nobile Paese è martoriato da gravi scontri armati e violenze, che hanno causato tante vittime e sfollati. Questa settimana mi è giunto il grido di dolore per la morte di bambini in una scuola bombardata. Si vede che è una moda, bombardare le scuole oggi», aggiunge amaro: «Che il grido di questi piccoli non resti inascoltato! Queste tragedie non devono avvenire!». Il Papa ricorda ancora la guerra in Ucraina: «Maria conforti il popolo ucraino e ottenga ai capi delle nazioni la forza di volontà per trovare subito iniziative efficaci che conducano alla fine della guerra». E fa proprio l’appello dei vescovio del Camerun «per la liberazione di otto persone sequestrate nella Diocesi di Mamfe, tra cui cinque sacerdoti e una religiosa». Proprio oggi, tra l’altro, la Chiesa celebra la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, ricorda Francesco: «Rinnoviamo l’impegno per edificare il futuro secondo il disegno di Dio: un futuro in cui ogni persona trovi il suo posto e sia rispettata; in cui i migranti, i rifugiati, gli sfollati e le vittime della tratta possano vivere in pace e con dignità. Perché il Regno di Dio si realizza con loro, senza esclusi». Così conclude: «È anche grazie a questi fratelli e sorelle che le comunità possono crescere a livello sociale, economico, culturale e spirituale; e la condivisione di diverse tradizioni arricchisce il Popolo di Dio. Impegniamoci tutti a costruire un futuro più inclusivo e fraterno».

25 settembre 2022 (modifica il 25 settembre 2022 | 12:02)

Fonte: news.google.com

Doroteo Cremonesi

Affascinato dal progresso, dalla tecnologia e dall'energia, amante delle automobili

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