il reportage
Mezzogiorno, 27 gennaio 2023 – 07:59
Il sindaco Manfredi lancia la candidatura per l’edizione 2026. Ma dal PalaArgento alla piscina Galante si contano solo disastri
di Claudio Mazzone

«Lo sport è fondamentale nella vita di una comunità. Dobbiamo impegnarci al massimo, in sinergia con Governo e Regione, per investire sulla valorizzazione dei nostri impianti e garantire ai giovani di tutti i quartieri la possibilità di fare sport». Con queste parole il sindaco Gaetano Manfredi ha lanciato la candidatura di Napoli a Capitale europea dello Sport 2026. Ma tra palazzetti abbandonati, campi di calcio chiusi e piscine ridotte in macerie, Napoli sembra essere la capitale dello sport negato.
Strutture dimezzate
Negli ultimi vent’anni la metà degli impianti sportivi presenti sul territorio partenopeo è stata chiusa, e sono rimasti enormi scheletri di cemento che oggi rappresentano dei vuoti urbani riempiti da degrado e abbandono. Sul sito del Comune, nella sezione degli impianti sportivi, sono solo 10 le strutture messe in mostra, le altre, quelle inagibili, chiuse e dimenticate, in questa vetrina digitale di palazzo San Giacomo non trovano spazio.
La piscina di Scampia
Nella lista ufficiale non vi è infatti traccia della piscina comunale “M. Galante” di Scampia, per anni luogo simbolo del riscatto sociale, chiusa nell’ottobre del 2019 e oggi in condizioni pessime. La struttura smise di funzionare perché l’impianto idrico non era a norma ma non è stata mai più riaperta. Ciò che rimane di questa piscina è uno scheletro di vetri rotti, macerie e rifiuti, diventato rifugio di cani randagi, ratti e gabbiani. Se i cancelli, chiusi con catene e lucchetti, sono rimasti in piedi, le pareti sono state invece abbattute a calci. Si è salvato solo il muro di cinta con il cartello ormai scolorito su cui si può leggere «ingresso» e il gabbiotto della portineria con la scritta «segreteria». Negli anni, si sono moltiplicate promesse e idee e oggi tra i progetti partenopei del Pnrr rientra anche quello della riqualificazione di questa struttura. Sono 4 i milioni di euro stanziati, cifra ormai irrisoria se rapportata allo stato in cui versa la piscina. Del progetto non è stato ancora appaltato nulla e con il lievitare dei costi energetici quest’impianto, anche se ricostruito, difficilmente tornerà a vivere perché la gestione sarebbe proibitiva per qualsiasi soggetto. Eppure la “M. Galante” sorge proprio in quella che dovrebbe essere la piazza dei servizi di Scampia, con le scuole, le strutture sportive e tutte quelle realtà che servono a trasformare un margine urbano in un luogo sano. Camminando nel perimetro di questo monumento al degrado, si sente il rumore dei detriti che si sgretolano sotto i passi. Guardandosi attorno, concentrandosi sull’ammasso di rovine sembra di essere in un delle città ucraine distrutte dai bombardamenti russi. Poi i rumori, le voci e gli accenti riportano alla realtà, a Napoli, in pieno Occidente.
Il Palastadera
Ma la storia della piscina di Scampia non è un caso isolato, anzi è parte di un racconto più largo che mostra come a Napoli lo sport resti un diritto negato. Dall’altra parte della città, nella zona orientale, in via Stadera, tra palazzoni e vecchie industrie dismesse, si può notare un’imponente struttura in cemento armato, con lucchetti e cancelli chiusi. È il Palastadera, uno dei palazzetti dello sport pubblici più grandi di Napoli Est, chiuso nel 2017, dopo una battaglia tra la società che gestiva la struttura e il Comune, per la mancanza di un permesso antincendio e mai più riaperto. Cambia il quartiere, cambia la periferia, ma lo scenario è identico. Ai cancelli le stesse catene, le stesse scritte sui muri e lo stesso accumulo di rifiuti abbandonati all’interno. Il Palastedera però rispetto alla piscina Galante è più vivo, una parte del palazzetto di Napoli Est sembrerebbe infatti utilizzata, abusivamente, come parcheggio privato.
Il lungo elenco
Gli esempi potrebbero essere ancora tanti, dalla piscina comunale Bulgarelli a Poggioreale, dove il tetto, crollato nell’agosto scorso, non è stato più ricostruito, all’abbandono del Centro sportivo di via delle Repubbliche a Barra, passando per gli storici scheletri diventati parte del paesaggio urbano come il PalArgento di Fuorigrotta. Dunque Napoli si candida a diventare la Capitale dello sport nel 2026 ma per ora resta una città dove, per dirla con le parole di Manfredi, i giovani di tutti i quartieri non hanno la possibilità di fare sport.
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27 gennaio 2023 | 07:59
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Fonte: news.google.com