Silenzio e prudenza. Per ora, né la Federscherma né la sottosegretaria allo sport Valentina Vezzali, leggenda di questo sport, hanno rilasciato commenti sulla spinosa vicenda di Emanuele Bucca, l’arbitro di sciabola denunciato da una minorenne per violenza sessuale e reo confesso di un altro caso, avvenuto cinque mesi dopo, di abusi su una ventenne, come rivelato da Repubblica.
Caso Bucca, l’altro precedente: una sedicenne lo denunciò per molestie ma se lo ritrovò in gara
di Cosimo Cito
Bucca è sospeso sine die dalle gare, la notifica gli è arrivata una settimana dopo l’uscita dei primi articoli su questa vicenda. Era stato uno dei due arbitri italiani ai Giochi di Tokyo, ci era arrivato attraverso un percorso lungo dodici anni, durante i quali comunque non ha mai diretto ad un Mondiale. A settembre, dopo cinque stagioni, le dimissioni da responsabile degli arbitri siciliani per divergenze insanabili con il presidente Arturo Torregrossa. In quel ruolo, ora, c’è Chiara Sinatra: è lei, mai informata della vicenda giudiziaria di Bucca, ad averlo designato per la gara di Santa Venerina del 2 aprile. Quella in cui era iscritta la ragazza minorenne che nel 2021 ha denunciato l’arbitro per molestie. E che se lo è ritrovato in pedana un anno dopo, con un’indagine penale in corso.
Scherma, il caso Bucca: scontro tra tribunali sportivi e le mancanze della Federazione
di Cosimo Cito
La Fis è stata la prima federazione italiana a dotarsi di una Safeguarding Policy, un insieme di iniziative e attività di sensibilizzazione, prevenzione e contrasto a molestie e abusi in ambito sportivo. Alla presentazione, nel settembre 2019, l’allora ministro dello sport Vincenzo Spadafora parlò di «un’iniziativa che fa onore allo sport italiano e al Governo». Il protocollo ha cinque campi d’intervento (abuso psicologico, abuso fisico, molestie e atti sessuali, bullismo, omissione d’assistenza): in ogni gara un Safeguarding officer ha il compito di raccogliere denunce e segnalazioni e di inoltrarle alla Federazione. Alla presentazione l’allora presidente federale Giorgio Scarso, sottolineando la quasi totale mancanza di casi all’interno della scherma italiana, disse: «Vogliamo prevenire e non reprimere». Quanto ha funzionato, da allora?
I casi segnalati si contano sulle dita di una mano. Nei numeri, quello della scherma parrebbe dunque un ambiente virtuoso. Secondo l’ultima relazione della Procura generale del Coni, i casi di abusi sessuali e pedofilia denunciati dal 2014 al 2021 nel mondo di fioretto, spada e sciabola sarebbero 4. In testa a questa orrenda classifica c’è il calcio (25), seguito da sport equestri (20) e volley (14) e i casi totali denunciati sono 99. Appena 7, invece, tra le discipline associate. Ma, secondo il parametro criminologico del numero oscuro (Daniela Simonetti in Impunità di gregge, 2021), meno del 10% delle vittime denuncia. Un dato incredibilmente basso.
Mancano cultura, formazione e probabilmente fiducia nell’imparzialità e nella trasparenza della giustizia sportiva. Il caso Bucca, con la sospensione di 30 giorni senza incolpazione e senza la pubblicazione della sentenza (in pratica nessuno, a parte Federazione e Procura federale ne ha mai saputo nulla) per le molestie alla ventenne aspirante arbitra, è una macchia che lo sport italiano deve cancellare velocemente.
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