
Le organizzazioni dilettantistiche sono state le più penalizzate dalla pandemia. Perso il 17 per cento dei tesserati. E in Italia un terzo della popolazione è sedentaria. L’assenza di attività fisica costa al sistema sanitario circa 2,3 miliardi all’anno
In Italia circa un terzo della popolazione è sedentaria e si stima che l’assenza di attività fisica per una fascia così ampia di cittadini costi al sistema sanitario 2,3 miliardi di euro l’anno. Una piaga che sarebbe molto più grave senza le circa 95.000 organizzazioni sportive non profit affiliate a 15 Enti di promozione sportiva (Eps), capaci di coinvolgere 7,4 milioni di praticanti dilettantistici in discipline di ogni genere. Un mondo, quello dello sport dilettantistico, messo in ginocchio dalla pandemia e che sta facendo fatica a resistere all’aumento dei costi energetici, ma che chiede di essere più riconosciuto e sostenuto. Nel 2019 erano oltre 100.000 le sportive affiliate agli Eps, per un totale di 8,9 milioni di praticanti tesserati: l’emorragia di organizzazioni e persone ha visibilmente rallentato nel 2021, ma i numeri pre-pandemia sono ancora lontani.
L’Osservatorio Permanente sullo Sport di Base, promosso da Aics, Acsi, Asi, Uisp, Us Acli con la collaborazione tecnica dell’istituto di ricerca Swg e della società di consulenza Kratesis e finanziato da Sport e Salute, ha ricostruito le dimensioni del fenomeno e analizzato i punti di forza e debolezza. «Stiamo parlando di un mondo – spiega Bruno Molea, presidente di Aics, ente che coordina l’Osservatorio – che si differenza da quello definito “di vertice” promosso dalle grandi federazioni perché non è alla ricerca dei campioni e non mette al centro le prestazioni. Promuove invece l’attività motoria attraverso una disciplina aperta a tutti: giovani, anziani, persone fragili e con disabilità. L’indagine svela che siamo stati quelli più penalizzati dalla pandemia e abbiamo perso circa il 17% dei tesserati: per noi le norme sono state proibitive, mentre le federazioni sportive hanno avuto la possibilità di continuare a far allenare i loro atleti per prepararli ai campionati. Nonostante il coinvolgimento che assicuriamo a gran parte della popolazione, solo il 15% delle risorse destinate dallo Stato allo sport vanno a finanziare le nostre attività e quasi metà delle risorse su cui contiamo arrivano dai contributi dei nostri associati. Si capisce allora come sia legittimo far sentire la nostra voce e chiedere maggiore riconoscimento».
Trecentomila eventi
«Quello dello sport di base – commenta Alessandro Scalcon, senior researcher di Swg e fra i curatori della ricerca – è un mondo che è stato colpito con particolare violenza dalla pandemia. La ricerca ha evidenziato una grande vivacità e un forte impegno del sistema degli Eps nel sostenere lo sport di base, nonostante il grosso prezzo pagato in termini di tesserati negli ultimi 2 anni». Nel 2021 sono stati più 300.000 gli eventi organizzati, tra le 180.000 manifestazioni sportive e le altre 120.000 iniziative di carattere formativo e culturale.
Presenza femminile
Un ulteriore tratto virtuoso dello sport di base in Italia è la forte presenza femminile nelle risorse umane: è intestato a donne il 59% dei contratti a tempo indeterminato stipulati ed è rosa la quota del 35% delle persone che hanno un ruolo di dirigente, più che doppia rispetto a quella dello sport di vertice (13%). «Gli enti di promozione – aggiunge Scalcon – si caratterizzano per una particolare attenzione alle dimensioni della diseguaglianza, anteponendo l’inclusione e la coesione sociale alla performance e ai risultati. Inoltre, si mostrano più in grado di coinvolgere target adulti, la cui attività fisica è fondamentale per il benessere e la prevenzione delle malattie».
Il 60% delle entrate degli enti di promozione sportiva proviene da attività di autofinanziamento e nel 2021 la stima del bilancio economico del totale delle società è stato in sostanziale pareggio con 97,5 milioni di euro di entrate e 98 di uscite. «Abbiamo sperimentato – aggiunge Molea – quanto gli enti di promozione sportiva siano capaci di autoalimentarsi dal punto di vista economico e dipendano solo in parte dai finanziamenti pubblici. Molte società non ce l’hanno fatta e mentre stavamo raccogliendo i cocci della pandemia è arrivata la guerra con la conseguente esplosione dei costi energetici. Per noi è un’emergenza senza fine che sta incidendo in maniera paurosa soprattutto su quei soggetti che gestiscono impianti sportivi. Purtroppo, per recuperare le risorse, molti si vedono costretti ad aumentare le quote di partecipazione degli iscritti alle attività, finendo per penalizzare ancora una volta le famiglie con il conseguente rischio di costringerle a scegliere se continuare a far fare sport ai figli. Nonostante i grandi sforzi che Sport e Salute sta facendo per sostenere e promuovere lo sport di base e gli enti di promozione sportiva attraverso progettualità specifiche – conclude Molea -, vorremmo poter avere la stessa attenzione riservata al mondo del professionismo e delle federazioni. Questo gratificherebbe anche i tanti volontari che tengono in piedi le associazioni e chiediamo al governo di individuare delle linee precise di sostentamento per valorizzare la funzione sociale dello sport di base».
28 gennaio 2023 (modifica il 28 gennaio 2023 | 06:16)
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