
Gli ultimi giorni di questo 2022 si chiudono con la pubblicazione del decreto mille proroghe che ufficializza il rinvio al primo luglio del 2023 della decorrenza degli effetti degli articoli del dlgs n. 36/21 per come novellati e non ancora entrati in vigore. Sarà necessario attendere “gli assalti alla diligenza” che sicuramente saranno prevedibili in Parlamento durante la discussione della legge di conversione del citato decreto destinati ad introdurre ulteriori modifiche per poter fare un punto fermo di quali saranno i contenuti finali del provvedimento.
Non va dimenticato che, però, al primo gennaio entrano in vigore due decreti, il 37 e il 38 di cui si è detto poco. Ora, se il primo ha una portata limitata alla disciplina degli agenti degli atleti, il secondo, trattando il tema della gestione degli impianti sportivi, ha una importanza ben maggiore rispetto alla attenzione che gli è stata riconosciuta fino ad oggi. Dalla lettura del provvedimento (in particolare gli artt. 5 e 6) nasce una considerazione di non poco conto. Come potranno le pubbliche amministrazioni in sede di aggiudicazione di gestione di impianti pubblici a rilevanza economica tenere conto del codice dei contratti, della preferenzialità da riconoscersi alle sportive in virtù delle norme appena ricordate e della coprogettazione in cui privilegiare le associazioni di promozione sociale di cui agli artt. 55 e 56 del codice del terzo settore? Sarebbe importante capirlo.
Il rinvio al primo luglio del dlgs n. 36/21 è stato apparentemente giustificato (non vorrei mi fosse sfuggita ma non mi sembra ci sia una motivazione ufficiale) dalla necessità di non far partire la riforma nel pieno della stagione sportiva dei più diffusi sport di squadra.
Ma, senza voler ricordare qui discipline come il ciclismo, l’atletica, il baseball che fanno attività ad anno solare, mi chiedo: come faranno le Federazioni, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva che hanno migliaia di lavoratori sportivi retribuiti (basti pensare solo agli arbitri e agli ufficiali di gara di tutte le discipline sportive riconosciute) e che sono tutte ad anno solare? Come faranno i contratti ai tecnici delle squadre nazionali? Ricordiamoci che il 2023 è anno preolimpico e pertanto appare plausibile che le discipline estive facciano contratti con scadenza a dopo le olimpiadi? Avranno tenuto conto dell’incremento dei costi nel secondo semestre? Mi auguro di si per evitare di dover pensare che questo potrà essere un ulteriore valido motivo per ulteriormente differire l’entrata in vigore della disciplina sul lavoro sportivo. Disciplina fortemente criticata lo scorso 19 dicembre da parte del consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro con una lettera del presidente al ministro Abodi.
La motivazione sostanziale sarebbe il contrasto tra il contenuto della novella al decreto legislativo n. 36/21 e la disciplina della riserva di legge in favore dei consulenti del lavoro sulla tenuta del libro unico del lavoro e dei connessi adempimenti previdenziali. Offrono a tal fine la disponibilità per un tavolo tecnico in materia. Non entro nel merito delle motivazioni: mi chiedo solo come il Ministero del lavoro, coproponente del decreto correttivo, non abbia sollevato alcun rilievo e comunque perché solo ora evidenziare questo aspetto.
È dalla primavera del 2021 che si è lavorato al correttivo con una consultazione aperta: ecco la cronologia:
– avvio: 22 giugno 2021,
– contributi scritti: termine il 4 ottobre 2021,
– audizioni: termine il 2 novembre 2021,
– costituzione gruppo di lavoro: 22 settembre 2021,
– consegna della relazione conclusiva: 29 novembre 2021.
Dal mese di dicembre 2021 si è dato avvio alla redazione del testo, unitamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Testo che è stato, come previsto, soggetto ad una prima approvazione in consiglio dei ministri, un successivo passaggio alla conferenza stato – regioni e alle commissioni parlamentari competenti e un ritorno in consiglio dei ministri.
Forse un po’ fuori tempo massimo è da ritenersi anche analoga critica emanata contestualmente dal consiglio nazionale dei dottori commercialisti che motivano analoga disponibilità a collaborare eccependo la necessità di arrivare ad un testo unico dello sport (dimenticando che era stato redatto ma l’allora Ministro Spadafora fu costretto a “spacchettarlo”) e criticando la scelta di non aver maggiormente precisato la disciplina applicabile alle prestazioni di lavoro sportivo dilettantistico dimenticando la giurisprudenza della corte costituzionale in materia di indisponibilità della prestazione lavorativa. Non vorrei che la tecnica di sparare sempre più in alto serva solo ad allontanare a data da destinarsi la riforma. Nel frattempo, aumentano i corsi universitari e parauniversitari di formazione per formare i futuri lavoratori dello sport.
L’ultimo consiglio nazionale del Coni di dicembre ha approvato la 372esima disciplina sportiva riconosciuta, il Team Gym come attività svolta dalla Federazione Ginnastica d’ Italia. Mi chiedo: il giorno in cui entrerà in vigore l’art. 2 del d. lgs. n. 36/21 con la definizione di sport sarà ancora necessario fare riferimento alle discipline riconosciute dal Coni per il concetto di sport? La mia vecchia corsa nei sacchi, compagna di tante iniziative estive giovanili di molti di noi potrà mai avere la dignità di diventare uno sport alla pari del “ruzzolone”’ senza dover passare per il riconoscimento da parte di una Federazione sportiva?
Si è letto: non sarà possibile riconoscere ai lavoratori sportivi retribuzioni o compensi “superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi…”. Vero. Peccato che la norma poi continua ricordando che questo limite non si applica in presenza di “comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento di interesse generale”. A questo punto chi potrà escludere che l’eventuale emolumento riconosciuto all’atleta che eccede il quaranta per cento non possa rientrare in questa seconda fattispecie. Pertanto, si ritiene di non poter condividere la tesi contraria apparsa sulla stampa.
Analogamente per i rimborsi spese per i volontari. Si è letto che potranno essere rimborsate “esclusivamente” le spese documentate relative a trasferte. Mi chiedo quali spese non di trasferta il volontario potrebbe sostenere e per le quali chiedere il rimborso avendole sostenute in nome proprio ma per conto della sportiva? Mi sbaglierò ma faccio fatica ad immaginarne una.
Infine, l’ultimo consiglio nazionale del Coni ha sanato fino al 31 dicembre ’22 la mancanza a registro dell’attività formativa o dell’attività agonistica. Sarà sempre tardi per decidere una volta per tutte se sia necessario o meno svolgerle entrambe.
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Fonte: news.google.com