
Molti ergastolani o condannati a lunghe pene. Erano in semilibertà, trasformata in libertà (quasi) piena come misura contro la pandemia. Non c’è stata nessuna proroga e quindi scatta il rientro
A suo modo, all’ora convenzionalmente fissata alla mezzanotte tra San Silvestro e Capodanno, sarà la più grande «retata» di ergastolani e condannati a lunghe pene mai avvenuta, ma in realtà soltanto effetto di un contraccolpo «burocratico», con 700 detenuti semiliberi che dovranno rientrare in carcere dopo due anni e mezzo di misura alternativa, e tutto da vedere sarà se andarne fieri. Sta di fatto che alla mezzanotte del 31 dicembre finirà la licenza straordinaria che, all’inizio dell’emergenza pandemica, era stata data da una delle normative Covid ai detenuti in semilibertà per evitare che il loro quotidiano uscire dalle celle di giorno e rientrare in carcere la notte favorisse la circolazione del virus, che in ambienti ristretti quali i penitenziari sarebbe stata micidiale esattamente come lo fu in molte residenze per anziani.
La semilibertà, che è regolata dall’articolo 48 dell’ordinamento penitenziario e che a fine novembre coinvolgeva in Italia 1.076 detenuti sui 56.500 reclusi, è una misura alternativa per la quale il condannato definitivo – dopo aver già scontato in cella almeno 20 anni se ergastolano, e invece due terzi della pena o metà della pena a seconda dei vari reati – può trascorrere parte del giorno fuori dal carcere (rientrandovi la notte a dormire) per andare a lavorare, o a studiare, o a svolgere altre attività comunque finalizzate al reinserimento sociale in base ad un programma di trattamento curato dal direttore del carcere, dai magistrati di sorveglianza, dai servizi sociali.
Adesso che scade la norma Covid sulla licenza straordinaria, e che dunque i semiliberi devono rientrare in carcere, la situazione si presta a due chiavi di valutazioni opposte. Da un lato c’è il fatto storico del venir meno della norma emergenziale, che per definizione aveva carattere provvisorio, e c’è l’oggettiva difficoltà di immaginare un rimedio diverso dalla proroga in sé, visto che per gli ergastolani in semilibertà il successivo gradino di solito è (dopo 26 anni scontati) direttamente la liberazione condizionale (cioè altri 5 all’esterno del carcere in regime di libertà vigilata, salvo revoca se sono non rispettate le prescrizioni o commessi reati), mentre per i semiliberi che stanno scontando lunghe pene consiste nell’arrivare a un tetto residuo di 4 anni residui da espiare, sotto il quale poter chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Dall’altro lato, però, da parte ad esempio del Garante della Regione Lazio e portavoce della Conferenza dei 73 “Garanti territoriali delle persone private della libertà” impegnatisi in un digiuno a staffetta per chiedere invano al governo una proroga in extremis, Stefano Anastasìa, si replica che così vengono “cancellati i principi (cardini della funzione rieducativa della pena inscritta nell’articolo 27 della Costituzione) di non regressione e progressività nel trattamento penitenziario” di queste 700 persone, che nei due anni e mezzo di licenza straordinaria avevano dimostrato di meritare la scommessa fatta dai giudici di sorveglianza e dalle aree educative delle carceri sulla loro capacità di avviare un percorso di reinserimento nella vita sociale.
Fatto sta che la proroga in extremis – auspicata ad esempio dai senatori Pd Alfredo Bazoli, Franco Mirabelli, Anna Rossomando e Walter Verini in un emendamento al decreto Milleproroghe – non è arrivata, e dunque i 700 dovranno tornare in cella. L’unica differenza è che in concreto ciò non avverrà probabilmente di botto, cioè per tutti subito alla mezzanotte di Capodanno, ma comunque grosso modo entro metà gennaio: e questo perché lo scadere il 31 dicembre della licenza straordinaria legata all’emergenza Covid non cancella invece la normale possibilità che la legge riconosce ai semiliberi di chiedere ai propri giudici di sorveglianza fino a complessivamente 45 giorni (non più di 15 consecutivi) di licenze ordinarie fruibili in regime di libertà vigilata nel corso dei 12 mesi, sicché è possibile che i 700 semiliberi in questione rientrino poco a poco in carcere, man mano che si esauriranno i magari due o tre giorni di licenza ordinaria che dovessero aver già chiesto e ottenuto nelle scorse settimane.
Il reingresso dei 700 semiliberi, che dunque porterà a 57.200 le persone presenti in 51.300 posti teorici ma in realtà 47.000 effettivi per via delle sezioni attualmente chiuse per ristrutturazioni, chiude dunque un 2022 che passerà agli archivi come l’anno con il più alto numero di suicidi, 85, da quando (nel 2000) questo dato viene monitorato a livello nazionale. Gli 85 suicidi del 2022 non solo surclassano i 58 del 2021 e i 61 del 2020 e i 53 del 2019, ma sono ben 23 più perfino di quelli verificatisi nel 2012, sebbene quell’anno ci fossero stati in media 11.687 detenuti più del 2022. Un suicidio su cinque si è verificato nei primi dieci giorni dall’ingresso in carcere, mentre 39 degli 85 detenuti uccisisi lo hanno fatto quando avevano davanti meno di tre anni da scontare, e metà non avevano sentenze definitive. Ma ancor più impressionante sono il tasso di suicidi che si registra nella popolazione detenuta, 18 volte superiore a quello nella popolazione libera; e il flagello del fenomeno in alcuni istituti, come Pavia, dove proprio l’altro giorno si è ucciso il sesto detenuto dell’anno.
Come sempre anche questa tornata d’anno vedrà “Nessuno tocchi Caino” (con i dirigenti Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Roberto Giachetti e Umberto Baccolo) visitare Regina Coeli a Roma stasera 31 dicembre alle ore 21, Opera a Milano il 2 gennaio con il Laboratorio “Spes contra Spem” alle ore 11, poi Novara (3 gennaio), Torino (4 gennaio), Varese (5 gennaio), Busto Arsizio (6 gennaio) e Parma (7 gennaio): “Per noi – spiegano gli organizzatori, il visitare i carcerati non è solo un’opera di misericordia, ma ha lo scopo anche di ascoltarli, verificare le loro condizioni di vita materiale e raccontarle, e soprattutto infondere fiducia e speranza in chi rischia di prevalere sfiducia e disperazione, come testimonia il numero dei suicidi che nel 2022 hanno raggiunto livelli mai visti nella storia italiana”.
Tra le poche buone notizie recate dalla fine d’anno all’universo del carcere, accanto al via libera all’assunzione di mille agenti penitenziari (meglio di niente ma pur sempre una goccia nel mare dei 18.000 mancanti in organico), è arrivato intanto l’incremento del rifinanziamento della legge Smuraglia sugli incentivi fiscali e contributivi alle aziende che forniscano occasioni di lavoro e corsi formativi finalizzati al reinserimento di detenuti. Nato all’epoca delle lire con 5 miliardi di dotazione (cioè 2 milioni e mezzo di euro), nel 2013 il fondo era stato aumentato a 5 milioni e mezzo l’anno. Adesso l’emendamento proposto dal presidente di +Europa, Riccardo Magi, approvato nella legge di Bilancio, ha portato l’incremento di spesa a 6 milioni di euro dal 2023.
31 dicembre 2022 (modifica il 31 dicembre 2022 | 11:19)
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