
In molti non vogliono rinunciare ad allenarsi anche se affetti da (lievi) malanni di stagione. Che cos’è il «test del collo» e come non nuocere a se stessi e agli altri
Quante volte capita di essere un po’ raffreddati, di avere mal di gola ma di andare ugualmente a correre o in piscina? In questo periodo invernale, costellato dai vari «malanni di stagione», la scelta si pone di sovente ai genitori, che non sanno se far saltare ai figli l’appuntamento con la disciplina sportiva quando questi si sentano poco bene. Come regolarsi con l’esercizio fisico quando non si sta chiaramente male ma nemmeno del tutto bene? Allenarsi fa peggio o fa meglio?
Il «test del collo»
La risposta univoca non c’è, ma ci sono alcuni parametri da valutare per prendere la decisione corretta. Nella valutazione può aiutare il «test del collo». Gli scienziati anglosassoni chiamano così l’indicazione che fornisce semaforo verde o rosso per lo sport: se i sintomi sono al di sopra del collo (come congestione nasale, lieve mal di gola o mal di testa) ci si può allenare; quando coinvolgono tutto il resto del corpo (come nausea, diarrea, febbre, dolori muscolari) è meglio evitare. «Se ci si sente in forma, senza altri sintomi al di là di quelli respiratori lievi, un po’ di attività fisica si può fare – conferma Gianfranco Beltrami, specialista in Medicina dello Sport, vicepresidente nazionale della Federazione Medico Sportiva Italiana —. È anche documentato che muoversi può potenziare le difese immunitarie e proteggere dall’infiammazione. L’importante è non arrivare mai a intensità molto elevate: una camminata di 30 minuti, il sollevamento di pesi leggeri, la cyclette».
Quando fermarsi
È bene conoscersi e monitorare l’evoluzione del proprio stato di salute: quante volte i sintomi più lievi si sono trasformati in qualcosa di più serio? Ciascuno ricorda i propri punti deboli e può in qualche misura prevedere quando un naso che cola «è destinato» a diventare influenza. Vietato strafare, quindi, per non peggiorare la situazione, e riposo assoluto, invece, in presenza di febbre, dolori articolari, diarrea, mal di stomaco, vomito, sensazione di ossa rotte e male ai muscoli.
Quando lo sport può far male
In alcuni casi, infatti, l’attività fisica può «far male» e c’è una precisa ragione per questo: «Quando si fa esercizio ad alta intensità, per un certo periodo il sistema immunitario è “depresso” e questo può favorire un peggioramento delle infezioni in corso e dei sintomi – spiega Beltrami —. Ci si ricordi la vicenda del primo paziente Covid, che era un maratoneta, colpito dal coronavirus in modo pesante all’indomani di una gara. Esiste questo fenomeno che si chiama “open window” per cui dopo un esercizio molto intenso c’è una maggior suscettibilità a tutte le infezioni, una finestra di tempo che dura in genere un paio di giorni». Allenamento intenso significa indebolimento e stanchezza, quando si sia già bersaglio di infezioni, e un potenziale aumento di rischio di complicazioni.
Non contagiare
Riassumendo, se uno se la sente, può tranquillamente allenarsi e il beneficio potrebbe anche essere psicologico: per alcuni reagire muovendosi è garanzia di non abbattersi al primo raffreddore. I ritmi, però, dovranno essere più blandi del solito fintanto che non si sia perfettamente ristabiliti. E anche allora, sarà opportuno tornare alla routine di esercizio lentamente, aumentando poco a poco la durata e l’intensità dell’allenamento.
Ultima avvertenza, ma in realtà priorità assoluta, è il rispetto per gli altri: gli esercizi di cui si è detto vanno fatti da soli, in casa o all’aperto: andare in palestra o in piscina con il rischio di infettare chi frequenta gli stessi luoghi è assolutamente da evitare.
26 dicembre 2022 (modifica il 26 dicembre 2022 | 09:55)
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