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Evasione dal carcere Beccaria, «Ci porta un pallone?»: in dodici nel cortile davanti a un solo agente

di  Cesare Giuzzi

Bryan, 18 anni, in cella per le violenze della sua gang, catturato subito dopo la fuga: «Mi sono lasciato trascinare». Approfittando di alcuni lavori in corso, i sette hanno scavalcato il muro di cinta

«Mi sono lasciato trascinare in questo casino, ho sbagliato a seguirli». Bryan è finito in carcere ai primi di marzo. Ha compiuto 18 anni dietro le sbarre del carcere Beccaria. I carabinieri lo avevano arrestato con l’accusa di essere uno dei capi della gang «Z4» che aggrediva ragazzini, li picchiava e derubava. Ha origini ecuadoriane. Appena saltato giù dal muro di cinta del carcere, senza sapere che fare né dove andare, ha bussato alla porta della suocera. I poliziotti erano lì ad aspettarlo e lo hanno preso. Interrogato dal pm Cecilia Vassena che lavora in sinergia con i magistrati dei minori, guidati da Ciro Cascone, non ha fatto i nomi dei compagni, ha solo detto che lui e altri si sono uniti seguendo chi fuggiva.

È stato il primo a tornare in cella la sera di Natale. Subito rientrato anche un 17enne originario del Comasco che s’è consegnato convinto dalla sorella. Gli ha spiegato che quella non era una «ragazzata» ma un’evasione che avrebbe comportato altre accuse, nuovi mesi di carcere. Il terzo è invece un 17enne milanese con precedenti per rapina e lesioni: era dalla zia. Il profilo degli evasi ancora in fuga è quasi identico: non sono inseriti in contesti criminali, hanno famiglie disagiate e diversi precedenti. Un 19enne pavese, un 18enne italo marocchino, un 17enne marocchino e un coetaneo brianzolo. Uno solo ha un fine pena di cinque anni, alcuni sarebbero usciti entro pochi mesi per essere affidati in comunità, uno addirittura ai primi di gennaio. Tra loro ci sarebbe l’ideatore della grande fuga di Natale. E attraverso l’analisi dei filmati di sorveglianza gli investigatori della penitenziaria, guidati dal comandante Mario Piramide, stanno cercando di ricostruire ruoli e compiti.

Tutto avviene intorno alle 16. C’è l’ora d’aria, i ragazzi scendono in cortile. Di solito, soprattutto in inverno, c’è chi sceglie di restare in cella. Stavolta ci sono tutti e dodici gli ospiti del reparto. Con loro c’è un solo agente. «Il fatto che siano scesi in massa è anomalo — riflette un investigatore —. Di certo erano al corrente e hanno contribuito a distrarre la guardia». Una volta in cortile i ragazzi chiedono un pallone per fare due tiri a calcio. L’agente si allontana per un attimo e quando torna con il pallone mancano sette detenuti. L’area è grande e i ragazzi rimasti cercano di distrarlo di nuovo. Quando si accorge che sono spariti alcuni reclusi sono ormai trascorsi più di due minuti. Fa scattare l’allarme, alcuni agenti escono dalla struttura di via Calchi Taeggi e puntano i fari verso i campi e lo stradone che porta a Settimo Milanese. Ma non c’è nessuno. Dal muro di cinta, alto meno di quattro metri, penzola il brandello di un lenzuolo. Guardando i filmati delle telecamere a ritroso gli investigatori ricostruiscono la fuga. Quando l’agente è andato a parlare con la collega per farsi consegnare un pallone, i sette abbattono con un calcio un pannello che copre le impalcature del cantiere che da più di 16 anni interessa il carcere. Poi salgono lungo l’impalcatura e arrivati in alto legano il lenzuolo per calarsi. Ma si aggrappano in troppi e tutti insieme. Così la stoffa si spezza e uno soltanto riesce ad arrivare a terra. Libero.

A quel punto scatta il piano B. I sei rimasti corrono verso un altro angolo del cantiere, dove c’era il campo da calcio. Fanno una sorta di scala umana e raggiungono la recinzione. Saltano un pannello e una grata. Poi giù nel vuoto verso l’asfalto. Arrivati a terra tutti vanno in direzioni diverse. Sembra la scena di un film. In pochi secondi non c’è più traccia di quelle ombre che corrono. Viene avvertita la questura. Arrivano le volanti che circondano il carcere, si piazzano posti di blocco nelle strade vicine.

Gli agenti notano un tizio che gira intorno al carcere, forse era lì in attesa dei ragazzi. Ma un controllo approfondito esclude ogni legame. Per questo l’ipotesi degli inquirenti è che si sia trattato di un’azione «pianificata» con ampie dosi di improvvisazione. I ragazzi hanno agito in un giorno di festa, hanno portato un lenzuolo da una cella, scelto un punto della recinzione ben visibile dalla loro sezione. Quindi sapevano cosa avrebbero trovato sulla loro strada. Ma fuori ad aspettarli non avevano nessuno e i primi già catturati hanno cercato rifugio in modo fin troppo scontato dalle famiglie. «È una situazione da tenere sotto controllo perché l’evasione è un reato che crea nei ragazzi ulteriori aggravamenti nella loro vita di recupero», dice la presidente del Tribunale dei minori Maria Carla Gatto. La loro libertà ha le ore contate, ma la loro vita rischia adesso di portare a lungo le cicatrici della grande fuga di Natale.

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27 dicembre 2022 ( modifica il 27 dicembre 2022 | 07:33)

Fonte: news.google.com

Doroteo Cremonesi

Affascinato dal progresso, dalla tecnologia e dall'energia, amante delle automobili

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