
«Il segreto? Progettare con i ragazzi, decidere insieme ogni giorno cosa fare, creare un rapporto empatico anche con la tecnologia»: è un’entusiasta professoressa di lettere a parlare, Cristiana Pivetta, 54 anni, insegnante da oltre un quarto di secolo e animatrice digitale da tre all’istituto Don Milani di Carboni, in Sardegna. «Nella mia carriera di insegnante ho lavorato in molte scuole di frontiera e ho avuto a che fare con classi dove c’erano ragazzi con percorsi non sempre lineari, diciamo accidentati. La tecnologia mi ha aiutato ad avvicinarli alla cultura, a fargli comprendere l’importanza di un percorso formativo, e come questo fosse fondamentale per il loro futuro di persone. Sono riuscita a farli appassionare, a entrare in comunicazione con loro: prima ancora che si parlasse di classi capovolte, già usavo le piattaforme, anticipando i contenuti ai ragazzi, organizzando gruppi di lavoro, permettendogli di partecipare a discussioni sugli argomenti del giorno».
L’aula virtuale
Con la chiusura delle scuole, tutto questo percorso ovviamente è diventato molto proficuo per Pivetta e i suoi studenti di prima e terza media: «Noi già usavamo le videolezioni per gemellaggi con altre classi, ora è stato semplice per i ragazzi abituarsi, conoscevano già l’ambiente virtuale di Teams, strumenti come power point o il blocco virtuale, e così dopo due giorni abbiamo iniziato subito a fare didattica a distanza«. Non è stato così per tutti: nonostante i corsi di formazione fatti in passato, molti docenti si sono trovati spaesati di fronte all’esigenza di fare lezioni a distanza. «È vero, la situazione ha fatto emergere che bisognava riscrivere un muovo modo di fare scuola: la lezione online nasce da un presupposto diverso, è un dibattito, una discussione, e i ragazzi devono avere almeno già una briciola di quello che si andrà ad affrontare. Poi deve esserci il supporto emotivo dell’insegnante: sono ragazzini dai 12 ai 14 anni, vivono a pieno il dramma in cui siamo immersi».
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L’aiuto per chi è in difficoltà
Il rischio è che chi non riesce a stare dietro alla tecnologia rimanga indietro. Ma non è detto: secondo l’esperienza di Pivetta e dei suoi studenti, è proprio con i «fragili» che il digitale può rivelarsi un alleato prezioso. «Ho avuto tanti ragazzi con disturbi di apprendimento o altre difficoltà: per loro la tecnologia è un ottimo strumento. È tutto chiaro e concentrato, spesso le lezioni si possono rivedere, i materiali studiare, e diventa più semplice per loro approcciarli». Nell’emergenza generale, includere diventa un fattore chiave, e la scuola, luogo di crescita e formazione personale e sociale, supporta anche da lontano la partecipazione di tutti. «Anche nei ragazzi è nato un grande senso di responsabilità– conclude Pivetta- Hanno compreso che la scuola è importante, che è comunità, che è resilienza, è capacità di andare oltre».
11 aprile 2020 (modifica il 11 aprile 2020 | 20:12)
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