
Riunioni riservate in una casa di campagna nel Nisseno, estorsioni e anche una sentenza di morte, emessa nei confronti di un architetto, che non si è concretizzata grazie all’intervento degli investigatori. Sono alcuni elementi dell’inchiesta che questa mattina ha portato al blitz con cui i carabinieri hanno colpito la famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale. Sette le persone arrestate in esecuzione di un’ordinanza con cui il gip del tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, ha disposto la detenzione in carcere per cinque indagati e i domiciliari per altri due.
I nomi degli arrestati: l’elenco
“L’attività di oggi – spiegano dal Comando provinciale – costituisce l’esito di un articolato impegno in direzione del mandamento mafioso palermitano di Pagliarelli che ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario in ordine all’appartenenza a Cosa nostra dei membri della famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale, alcuni dei quali, posti in posizione di vertice, già condannati in passato in via definitiva per il reato associativo mentre altri, considerati uomini d’onore riservati, rimasti ad oggi immuni da attenzioni investigative a causa delle cautele adottate nei loro confronti dal sodalizio”.
I militari del Nucleo investigativo del Reparto operativo, grazie a intercettazioni e pedinamenti, sono riusciti a ottenere “acquisizioni di elevatissimo pregio ed assoluta genuinità – si legge in una nota – che hanno confermato ancora una volta la piena operatività dell’associazione nel suo complesso nonché il costante richiamo della stessa alle più arcaiche regole mafiose”. Grazie alle indagini i carabinieri sono riusciti a ricostruire i ruoli dei vertici della “famiglia” che già in passato si sarebbero occupati, tra le altre cose, della “gestione operativa della trasferta in Francia del capomafia Bernardo Provenzano per le cure mediche o della tenuta dei contatti con l’allora latitante Matteo Messina Denaro”.
Tramite le intercettazioni gli investigatori avrebbero anche svelato l’esistenza di “uomini d’onore riservati”, fino ad oggi rimasti estranei alle cronache giudiziarie, che “godrebbero di una speciale tutela – spiegano dal Comando – e verrebbero chiamati in causa soltanto in momenti di particolare criticità dell’associazione”. Uomini d’onore chiamati come tutti gli altri a rispettare un codice mafioso scritto e richiamato più volte, come registrato dalle cimici, anche durante le riservatissime riunioni della famiglia.
Estorsioni e sentenze di morte
Oltre alle diverse richieste di pizzo i militari del Nucleo investigativo hanno ricostruito, in relazione alla riunione in una casa nelle campagne di Caltanissetta, una vera e propria sentenza di morte “emessa quale suggello della ritrovata armonia tra i membri della famiglia mafiosa e, in seguito, riattualizzata nel corso delle successive captazioni tecniche, nei confronti di un architetto ritenuto responsabile di una serie di mancanze nello svolgimento della propria opera professionale”.
La soddisfazione del sindaco
“Il blitz del Comando dei carabinieri che stamattina ha portato a sette arresti costituisce un altro passo in avanti nella lotta a Cosa nostra. Questo è stato possibile grazie all’incessante lavoro e all’attività investigativa portata avanti dalla Direzione distrettuale antimafia, della Procura della Repubblica di Palermo e delle forze dell’ordine. A loro va il mio sentito riconoscimento per quanto stanno facendo per Palermo e per i palermitani”. Così dichiara il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla.
Fonte: news.google.com