
La difesa dell’uomo: «Pensavo di avere diritto di poter stare con mio nipote». Aveva portato via il bambino l’11 settembre 2021. Disposto il divieto di dimora a Pavia e il divieto di avvicinamento al nipote
Non dura più di 12 ore la permanenza in Italia di Shmuel Peleg. Atterrato alle 10.55 di martedì, arrestato appena entra nell’aeroporto di Malpensa perché inseguito da un ordine di custodia cautelare in cui viene accusato del rapimento del nipote Eitan, è stato interrogato fino al pomeriggio dal gip di Pavia, che lo ha subito rimesso in libertà con l’unico obbligo di non dimorare nelle province di Pavia, Milano e Varese e, ovviamente, di non avvicinarsi al nipote senza un permesso specifico. A sera, l’ex colonnello dell’esercito israeliano torna a Malpensa per imbarcarsi con il primo volo disponibile per Tel Aviv previsto intorno alle 22.
Presentandosi spontaneamente, Peleg ha tolto dall’impaccio lo Stato italiano, che aveva chiesto la sua estradizione, e quello israeliano, che non ha mai estradato un suo cittadino in casi del genere, anche se, va ricordato, la magistratura israeliana aveva riconsegnato il bambino alla zia Aya Biran (anche lei israeliana) che vive nel Pavese e che aveva ottenuto l’affidamento del piccolo subito dopo la morte dei suoi genitori e del fratellino nella tragedia della funivia del Mottarone, che il 23 maggio del 2021 costò la vita di 14 persone.
Il gip Pasquale Villani non solo ha detto no alla Procura di Pavia che avrebbe voluto che Peleg fosse rinchiuso in carcere, accogliendo la richiesta dell’avvocato difensore Paolo Sevesi, ma ha anche concesso la possibilità all’uomo di ottenere il permesso di incontrare il nipote, se il Tribunale per i minorenni darà il via libera. Non va dimenticato, infatti, che la figura del nonno è fondamentale nello sviluppo futuro del piccolo, già segnato profondamente e forse irrimediabilmente dalla tragedia. «Sono convinto che questo avverrà presto», augura il difensore di Peleg, l’avvocato Paolo Sevesi.
Peleg è accusato di concorso in sequestro di persona con l’ex moglie e un altro cittadino israeliano, Gabriel Alon, che era anche lui inseguito dall’ordine di arresto, il quale nei mesi scorsi si è presentato a Pavia, è stato interrogato dal gip ed è potuto tornare liberamente a Cipro dove risiede. Peleg e Alon sono accusati di aver rapito il bambino l’11 settembre di un anno fa dopo averlo prelevato nel Pavese dalla casa degli zii per un incontro di routine, di averlo fatto salire su un’auto e di averlo poi portato a Lugano dove tutti e tre si sono imbarcati su un volo privato diretto a Tel Aviv.
Da allora, i dolori di entrambe le famiglie, quella degli zii residenti in Italia che hanno il piccolo in affidamento, e quella dei nonni materni, che desiderano entrambe che Eitan cresca con loro, si sono incrociati in un’estenuante contesa legale che, come detto, si è conclusa in Israele con la decisione dei giudici di rimandare il piccolo in Italia (è tornato da zia Aya il 3 dicembre scorso). Al gip di Pavia, Shumel Peleg ha ripetuto ciò che dice da quando ha prelevato il nipotino, e cioè di essere convinto di avere il pieno diritto come nonno di portarlo con sé in Israele dopo aver consultato il parere di un legale. «Ha fornito una descrizione completa e dettagliata di tutto ciò che ha fatto», spiega l’avvocato Paolo Sevesi, aggiungendo che il suo assistito «ha risposto a tutte le domande del giudice, commuovendosi più volte al ricordo di questa dolorosa vicenda». Tra l’altro, avrebbe spiegato che Alon gli fu presentato dalla ex moglie come un businessman, un uomo d’affari in grado di aiutarlo nello sviluppo legale della questione, oltre che nel viaggio di ritorno in Israele che, per i pm pavesi, fu un sequestro di persona.
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7 settembre 2022 (modifica il 7 settembre 2022 | 20:26)
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Fonte: news.google.com