ASTE

Il collezionismo d’auto corre in senso inverso alla crisi economica. Più è grave la seconda, meglio vanno le aste di auto storiche, diventate beni rifugio per chi ha soldi da investire. Il 2022 si è chiuso alla grande per il settore, secondo lo studio “Collectibles amid heightened uncertainty and inflation” di Credit Suisse in collaborazione con Deloitte: basta vedere gli oltre 456 milioni di dollari battuti all’ultimo Concours d’Elegance di Pebble Beach. È una tendenza che nel 2023 proseguirà, aiutata dalla digitalizzazione: l’asta vola anche se sei dall’altra parte del mondo.
BATTERIE

Il cuore dell’auto elettrica è l’anima dei suoi costi, stimati intorno all’80%. Andando verso una mobilità a zero emissioni, le batterie serviranno come il pane e dunque è corsa a costruire nuovi forni chiamati gigafactory in tutto il mondo. Tant’è che tra le 23 parole del suo vocabolario per il 2023, l’Economist ha messo Battery Belt, la cintura delle batterie. Nel nord degli Stati Uniti dovrebbe prendere il posto della Rust Belt, la cintura della ruggine con cui è stata chiamata quell’area di fabbriche di auto dismesse nel secolo scorso. Sul tavolo 40 miliardi di dollari, solo per iniziare.
BORSA
È la madre di tutte le risorse che non si ottengono con le vendite, come Sergio Marchionne ha insegnato a tutti quotando separatamente Ferrari da Fiat Chrysler e portando a casa una montagna di soldi. Ora Porsche ha fatto la stessa cosa seguendo il nuovo marchio elettrico Polestar del gruppo Geely, pure in un anno spaventoso di crisi economica. Capitali freschi cercasi, così nel 2023 tocca a Renault quotare separatamente il suo business elettrico, mentre il gruppo Volkswagen lo dovrebbe fare con PoweCo, società di batterie. C’è vita oltre le fabbriche, è il messaggio.
CINESI

Sono i costruttori che spaventano occidentali e giapponesi, perché al tradizionale basso costo del lavoro hanno aggiunto nella loro lunga marcia qualità, design, tecnologia. Soprattutto, i cinesi detengono la maggior parte delle materie prime necessarie per l’elettrificazione della mobilità, con il risultato di impugnare il coltello dalla parte del manico. Nel 2023 sbarcheranno in Europa nuovi marchi dei maggiori gruppi come Great Wall e Byd, che i consumatori alla ricerca di prezzi competitivi potrebbero non snobbare più. Guardate il mercato degli smartphone e tremate.
CO2
Non tutti abbiamo giocato al piccolo chimico quando portavamo i pantaloni corti, ma crescendo ci siamo dovuti allargare da Flaubert alla scienza che studia proprietà e comportamento della materia. Perché l’anidride carbonica è diventato il simbolo negativo della nostra era fatta di emergenza climatica, di inquinamento, di rischi sempre più gravi per la salute. L’Europa della politica ha deciso che la CO2 dovrà essere azzerata nella produzione automobilistica nel 2035: basta con motori termici, solo motori elettrici. Non è così che sarà eliminata del tutto, ma da qualche parte pare si dovesse cominciare.
GUIDA AUTONOMA

Se ne parlerà per dire che è diventata un bel guaio. Come ha titolato Bloomberg Businessweek, dopo aver speso 100 miliardi l’auto a guida autonoma “non va da nessuna parte”. Tutto è cominciato ufficialmente nel 2009 con Google e la sua divisione Waymo, ma a oggi l’intelligenza artificiale al volante non riesce a risolvere la maggior parte dei problemi che si propongono sulle strade di tutti i giorni. Così capita che giganti come Ford e Volkswagen gettino la spugna perché, dicono insieme ad altri costruttori che lo fanno in silenzio, meglio dirottare gli investimenti dove c’è profittabilità.
RECESSIONE
Le previsioni indicano che rischiamo di finirci presto in Europa, per non dire del baratro che si è spalancato in Gran Bretagna dopo la Brexit. E dell’auto che ne sarà? I costruttori si presentano nel 2023 con bilanci brillanti, avendo venduto a prezzo pieno i modelli più profittevoli con i pochi chip a disposizione e tagliando la produzione senza colpa. Carlos Tavares, ceo del gruppo Stellantis, è stato il più sfidante alla presentazione dei risultati stellari del primo semestre: “Siamo pronti a reggere a qualsiasi evento. Recessione compresa”.
SEMICONDUTTORI
È una parola così lunga che non sta mai nei titoli, meglio microchip o chip nel pratico inglese. È stata la mancanza di questo piccolo cuore di ogni sistema elettronico a provocare una delle più lunghe crisi di approvvigionamento dell’industria dell’auto: gli effetti da Covid e dalle tensioni Usa-Cina hanno fatto aumentare la richiesta di chip cui la produzione, dislocata per lo più in Asia, non ha saputo tenere dietro. Il risultato? Le consegne di auto nuove si sono allungate dai quattro mesi in su per tutti. Nel 2023 le cose andranno meglio, ma fra i costruttori solo Honda e Stellantis sono ottimisti. Per altri, la crisi non è finita.
TECNOLOGIA
Ormai tutto è tech, figuriamoci l’automobile che già da anni i costruttori dicono di voler trasformare in uno smartphone su ruote. È tutto così tech che l’industria automobilistica approfitta dei licenziamenti a raffica dei colossi tecnologici, da Meta a Microsoft a Google, per assumere alcuni di questi specialisti. La tendenza era già iniziata nel campo del car design con ex disegnatori di videogiochi, poi è passata nel marketing (come la nuova responsabile del marchio Volkswagen, ex di Google) e adesso è trasversale. Restate connessi.
TWITTER
Non c’entra niente con l’auto, solo che il proprietario del social di San Francisco si chiama Elon Musk e ha il suo business principale nella Tesla, marchio di auto elettriche che i rivali inseguono dopo averlo sbeffeggiato. Chiacchere da bar andranno alle lunghe su Musk che farebbe bene a lasciare il volante di Twitter a qualcun altro e concentrarsi su Tesla, oppure il contrario. Di sicuro, il social tra i parigrado di Musk è un perfetto sconosciuto. A fronte degli oltre 116 milioni di follower del patron di Tesla (dati di fine novembre), il nuovo ceo del gruppo Volkswagen Oliver Blume ne ha solo 24. Meglio va a Jim Farley, ceo di Ford, con oltre 232mila, nuovo crollo per il ceo di Renault Luca de Meo con 3.940. Per Tavares, il secondo posto non esiste: su Twitter non c’è.
Fonte: news.google.com